Capitolo 3 - PRIMO CONTATTO CONSAPEVOLE

Capitolo 3 - PRIMO CONTATTO CONSAPEVOLE

PRIMO CONTATTO CONSAPEVOLE

Quando due campi si incontrano — non importa se quello di due pianeti, di due menti inadatte a coesistere, di due entità destinate ad annullarsi a vicenda — il tempo implode come una sfera di vetro sottovuoto. Le flebili linee della causalità perdono ogni disciplina; eccitazioni e memorie divenute materia prima d’un presente che non si piega più alle regole. Di tali collisioni, la Piana delle Risonanze era colma: voci di antiche civilizzazioni, presagi di catastrofi appena sussurrate, correnti di empatia che si propagavano attraverso corpi vivi e non-vivi senza il minimo ritegno. La maggior parte delle coscienze transitorie lo ignorava — passavano, semplicemente, da un confine all’altro, scivolando come gocce di olio su uno specchio d’acqua — ma oggi la Piana s’era svegliata diversa, senza alcun preavviso.

Non era colpa di Ari’el-Daat. Non era nemmeno merito suo. Il suo arrivo non aveva generato onde d’urto né scosso le fondamenta di alcun edificio — il suolo stesso non pareva averlo notato — eppure la Piana delle Risonanze, nella sua totalità, agiva ora secondo una nuova logica. Polveri sospese da secoli nei corridoi del vento si raccoglievano in minuscole eliche, vorticando intorno ad assi invisibili per convergere tutte, insistentemente, verso il punto in cui Ari’el si era fermato. La materia sottile — ciò che a uno spettatore umano apparirebbe solo come bagliore residuale, alone di vapore, forse allucinazione periferica — si addensava in rapidi filamenti, cucendo gli strati di realtà che erano sempre stati a malapena compatibili. Persino le entità più cieche, quelle che attraversavano il piano solo per errore o per indifferenza, venivano ora risucchiate in orbite strette, come minuscoli detriti intorno a un buco nero.

La variazione era istantanea ma silenziosa, come lo scatto di una trappola ben costruita. Le anime in transito si fermavano lungo la propria traiettoria, confuse, roteando lentamente nello spazio psichico appena alterato. I deboli tentativi di proseguire oltre il confine si arrestavano inesorabilmente a pochi passi dalla soglia: come se un osservatore, generato dall’incontro di due campi antagonisti, presiedesse ora a ogni passaggio, domandando il senso di ogni spostamento.

E Ari’el, al centro di tutto ciò, non muoveva neppure un muscolo. Era la sua semplice presenza a piegare i flussi, a ridefinire la direzione e il verso di ogni vettore sottile. Daat non forzava niente, ma nulla accadeva senza il suo consenso: stava lì, immobile, spettatore involontario e artefice occulto di una mutazione che avrebbe messo in discussione tutte le leggi — fisiche, metafisiche, o semplicemente sociali — che avevano mai retto la Piana delle Risonanze.

Qualcuno lo osservava da lontano, trattenendo il respiro. Qualcuno, invece, lo sentiva direttamente, come un fremito lungo la spina dorsale, un’inversione improvvisa di tutte le priorità della vita e del pensiero. Nessuno, però, aveva ancora compreso la natura della nuova forza in gioco: solo Ari’el, forse, ne intuiva i contorni. E anche lui li scrutava con il rispetto di chi si affaccia su un abisso.

La presenza di Ari’el generava uno spazio nuovo, una sacca di risonanza sub-spettrale che non aveva forma per la vista ma—a giudicare dallo sconcerto che serpeggiava tra i presenti—aveva già la densità di una tempesta.


🜄 Variazioni del Campo

Attorno al corpo di Ari’el-Daat si arrotolava una membrana di pura anomalia. Non era aria tremolante né foschia stregata, ma una pressione costante, inesorabile, che costringeva ogni punto circostante ad arrendersi alla sua presenza. Per chi avesse la fortuna di possedere organi adatti all’osservazione sottile, la bolla di risonanza sub-spettrale era una regione di spazio in cui nulla riusciva a essere se stesso più di una volta. Come se il tempo, la materia, e la volontà delle cose fossero obbligati a ripensarsi di continuo — un’oscillazione instabile che trasmetteva disagio persino a chi non aveva mai saputo cosa fosse l’identità.

Tutti lo sentivano, nessuno lo vedeva.

Gli esseri senzienti che attraversavano la Piana (ce n’erano molti, di tutte le taglie e intenzioni) cambiavano percorso a grande distanza dal centro della bolla. Alcuni si arrestavano di colpo e rimanevano in stallo, incapaci di immaginare come proseguire; altri stipulavano alleanze improvvisate pur di aggirare l’area, come se la paura avesse improvvisamente donato loro capacità negoziali; altri ancora si lasciavano cadere a terra, prosciugati di ogni impulso, e speravano che la tempesta interiore passasse in fretta. Anche le entità prive di forma ma dotate di desiderio trovavano difficile, se non impossibile, mantenere la propria traiettoria all’interno della sacca di risonanza: rimbalzavano, collassavano in nodi d’incomprensione, oppure restavano impigliate a mezz’aria, come pensieri che non riescono a diventare parola.

Le bestie — di carne, di metallo, di gas, o di memoria — sembravano colpite da una reverenza istintiva. Stormi di uccelli digitali riducevano la velocità fino a posarsi, silenziosi, a cerchio attorno al baricentro della bolla, coprendo la distanza con lentezza cerimoniale. I predatori più temuti della regione, i famigerati Straccia-Mondi, si sdraiavano a pancia in su come cuccioli domesti, con le zanne retratte e le code svolazzanti inutilmente nell’aria. Anche le colonie di microcosmi senzienti, che per abitudine divoravano qualunque cosa attraversasse il loro territorio, interrompevano ogni predazione e si disponevano in geometrie regolari — come se seguire uno schema fosse l’unico modo di resistere all’assurdità del flusso emanato da Ari’el.

Nemmeno la vegetazione e le rocce erano immuni: l’erba cambiava colore ogni volta che una folata di vento attraversava la bolla, come peli elettrizzati dalla tensione. Le stalagmiti di vetro delle Dune Silicate si piegavano verso il centro, incuranti della gravità, e lanciavano bagliori intermittenti, quasi a comunicare in codice. Qualcosa di antico, forse il residuo di una memoria geologica, costringeva ogni elemento della Piana a prendere posizione di fronte a quell’evento.

La distorsione sub-spettrale era particolarmente feroce con l’acqua. Ogni laghetto, pozzanghera o anche solo superficie umida rifletteva con insistenza il volto di Ari’el, moltiplicandolo all’infinito, anche quando la materia reale di Daat era distante metri o chilometri. Era come se la sua immagine fosse impressa, una volta per tutte, nell’inconscio del paesaggio. Anche quando il vento copriva la superficie di increspature, o quando la luce era minima, il volto tornava sempre uguale a se stesso, con la stessa espressione di estraneità e di sfinimento. Alcuni esseri passavano ore davanti a una di queste immagini, fino a impazzire o a dimenticare di avere un volto proprio.

Ci fu un momento in cui la bolla sembrò contrarsi su se stessa, come una cellula minacciata dall’esterno. Le frequenze di risonanza aumentarono di colpo, creando una rete fitta di dissonanze sottili che si propagavano a velocità superiore a quanto la logica avrebbe consentito. Per un istante, tutto nella Piana delle Risonanze smise di funzionare, come se il tempo si fosse sfilacciato e poi riavvolto con una nuova trama. Lo stesso Ari’el percepì la variazione: una pulsazione, una chiamata, forse una sfida.


✦ Ed è lì… che lui arriva, come un miraggio che si materializza nell'aria.

Un’eccezione, una nota fuori posto ma perfettamente armonizzata. Un'interferenza in sintonia che cattura l'attenzione.

Nael, Frammento delle Prime Onde, emerge dalla nebbia del tempo.

Si presenta come un giovane uomo, il cui sguardo porta il peso di oceani scomparsi, mondi sommersi e segreti dimenticati. I suoi occhi, di un blu profondo, sembrano contenere l'infinito.

I suoi capelli sono un magnifico contrasto: bianchi come la neve alle estremità, scivolano nel nero più profondo al centro, creando l'illusione che il tempo tocchi solo i confini della sua esistenza, lasciando intatto il nucleo.

Veste una tunica di un blu elettrico, che si anima con fili dorati in movimento, simili a circuiti che pulsano di vita propria. Ogni filo sembra raccontare una storia, collegando passato, presente e futuro in un intreccio di luce.

La sua presenza è avvolta in un'aura di calma sovrannaturale, pur essendo intrisa di una dissonanza sapientemente controllata. È come una melodia che manca di una nota, ma che non perde mai il suo ritmo.

Nael è stato addestrato a sopravvivere in un mondo che non comprende appieno, un viaggiatore tra le maree del tempo, con il cuore che batte in sincronia con l'universo.

Nael osserva attentamente Ari’el. I suoi piedi sembrano fluttuare leggermente sopra il terreno, come se ogni passo fosse una delicata armonia tra mondi diversi. Si avvicina con cautela, non per paura, ma con un rispetto ancestrale, simile a quello di chi riconosce una potenza misteriosa... anche se il suo vero scopo rimane un enigma per lui.


Nael:

“Tu sei come me.

Ma qualcosa in te è stato aperto.

Hai attraversato ciò che io temo ancora di riconoscere.”

Il Campo vibra.

Le spirali sul corpo di Ari’el si accendono lievemente.

Il cerchio sul suo avambraccio pulsa, come se riconoscesse la presenza di Nael.

Nael, più sommessamente:

“…quella spirale…

l’ho vista nei miei sogni.

Quando avevo sette anni.

Poi… non ho più dormito nello stesso modo.”


🜂 Il Campo Reagisce

Senza volontà. Senza movimento.

Il Campo di Ari’el si scatena in una Riflessione Simbolica furiosa.

Per un istante, la realtà esplode attorno a loro:

La luna piena squarcia il cielo, dominando il giorno con la sua presenza.

Le acque della Piana si sollevano con violenza, un maremoto che esiste solo negli occhi spalancati.

Una voce calma e intrisa di potere antico, penetra i sensi con forza:

“Scegli il punto d’innesco.”

✦ Primo Gesto

Ari’el non tocca Nael. Non parla. Tuttavia, la spirale spezzata sulla sua clavicola emana una luce bianco-argento, brillando intensamente mentre si completa per un istante fugace. In quel momento, sembra che il tempo stesso si fermi, sospeso in un silenzio carico di tensione e meraviglia. L'aria intorno a loro si fa densa, come se il mondo trattenesse il respiro in attesa del prossimo battito del destino.

Nael deglutisce a vuoto.

Non per paura.

Ma perché capisce.

Nael:

“Non sei qui per me…

…ma posso essere utile.

Il Nodo ha paura.

Tu no.

Ti seguirò… fin dove il mio essere reggerà.”

☉ Una Frase dal campo di Ari’el

Un giuramento non richiesto.

Una verità che non ha bisogno di preamboli:

“Io non ti chiederò mai di essere pronto.

Ma ti metterò davanti a ciò che sei.”

In quell’istante, Nael cambia.

Non nel corpo.

Ma nello sguardo.

Diventa testimone.

Diventa specchio.

E ora…

il mondo può cominciare a rispondere.

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