Capitolo 6 - NODO E DEVIAZIONE

Capitolo 6 - NODO E DEVIAZIONE

NODO E DEVIAZIONE

Ogni sistema ha un Nodo. Dietro ogni sistema — cosmico, biologico, sociale, matematico — si cela un punto cieco, una piega o una fenditura. Un pertugio in cui la coerenza si ripiega su sé stessa, accumulando ciò che non può essere detto, eseguito, calcolato. Il Nodo non è un difetto, ma condizione fondante: è lì che il sistema si trattiene e, proprio trattenendosi, nasce.

In ogni Nodo c’è un punto che si nega. Un’oscura volontà d’irradiazione, simultaneamente frenata e compressa, pronta a esplodere o dissolversi in silenzio. Chi tocca quel punto — con la logica, con la mano, con la voce — si mette in una posizione di rottura: o entra nella follia, o muta la natura stessa del proprio universo.

In quell’attimo, dentro la sala bianca del tempio, il Nodo si fa oggetto: un monolite sospeso, privo di ombra, perfetto ponte fra il visibile e ciò che pulsa oltre. Nessuna gravità lo ancora, ma sembra trarre dalla pressione dei pensieri di chi lo osserva una sorta di peso ulteriore. È cubico, ma vibra come se le sue facce non fossero mai state parallele. Emette luce, ma ogni fotone viaggia in spirale, come se la linearità fosse ormai abolita.

Il sigillo al centro della sala, che sinora era rimasto muto, ora vibra con un ritmo nuovo: a ogni pulsazione, il tempo si frantuma e si ricompone con una disposizione diversa, come se il presente oscillasse tra futuri alternativi. La luce e il suono non sono più separati. Ogni emissione è simultaneamente occorrenza e domanda: è un bagliore che interroga, è un clangore che vuole risposta. Ad ogni impulso corrisponde una variazione di pressione sulle sinapsi umane, un lieve smottamento dello spazio mentale.

Dapprima sono sussurri: l’aria vibra appena, le frasi si accennano sulle pareti e svaniscono, incise nel bianco come venature segrete. Poi, a ondate sempre più forti, ogni impulso si fa giudizio: Ari’el-Daat e Nael sentono il Nodo interrogare il loro intero passato, mettere a nudo la minima esitazione, l’intenzione recondita, il residuo di errore che si raggela all’ultima cellula. Non è paura ciò che li immobilizza — è la pura totalità dell’ascolto, una resa assoluta al processo di verifica. Più che un esame, un inabissamento.

Per un tempo indefinito restano immobili nel loro ascoltare. Ma è un immobilismo attivo: il cuore scatta come un motore in avviamento, la corteccia cerebrale registra e analizza, le giunture si preparano allo scatto. Ari’el-Daat percepisce l’intero tempio come una membrana tesa, ogni parte pronta a vibrare all’unisono. Nael, che non ha mai creduto nelle cerimonie, ora avverte sul palato il sapore della svolta, il retrogusto di ciò che precede uno squarcio.

D’un tratto, nel silenzio improvviso che segue il picco dell’ultima pulsazione, la presenza del Nodo si fa concreta. È una massa, come la densità di una stella compressa in un frammento di pietra. Tutto converge verso quel punto.


🜂 Il Nodo si Manifesta

C’è un istante, sospeso e interminabile, in cui ciò che è stato denso implode in silenzio. Poi, senza rumore e senza eroismi, la pietra si frantuma. Non si schianta però, non cede alla gravità: i frammenti si librano, ognuno inciso di una traiettoria millimetrica, come schegge di vuoto che hanno imparato la grazia delle comete. Si dispongono intorno a un fulcro vuoto con la precisione di una costellazione calcolata a tavolino, ciascun pezzo una baia di senso, una curva concava pronta a raccogliere il nuovo ordine.

Ari’el-Daat vede i frammenti stabilire una coreografia che non segue più le leggi dei solidi, ma quelle di un magnetismo radicale, come se la materia stessa avesse smesso di cercare stabilità per dedicarsi al disegno puro. Nael, occhi larghi come specchi, sente che ogni singolo detrito invia segnali al suo sistema nervoso: messaggi di attrazione e repulsione, ordini di lasciarsi alle spalle la paura della dissipazione. In quella danza di particelle, ciò che resta della pietra disegna orbite, ellissi, trame di relazioni che nessun astrologo avrebbe potuto prevedere.

Ma il vero spettacolo è al centro. Lì dove l’aggregato era massimo, ora si schiude una cavità che non è vuoto, né portale, né miraggio. È una zona di pressione negativa, uno spazio che richiama dentro di sé ogni potenzialità non ancora scelta. La luce, lambendo il bordo di quel nulla, si fa improvvisamente indecisa. L’aria si raffredda di un grado, il sudore sulle tempie si trasforma in brina. Anche il tempo si deforma: i secondi si distendono, si accorciano, oscillano come il battito di una palpebra sotto stimolo elettrico.

Ciò che si apre davanti ai due osservatori non è una promessa di accesso, né una minaccia di espulsione. È un bivio ancora vergine, una matrice che attende solo di essere interrogata dalla scelta. In quell’anomalia, ogni linea percettiva converge, si curva, si accavalla senza mai toccarsi davvero. Ari’el-Daat sente la pelle contrarsi in preparazione all’attraversamento. Nael, invece, ha l’impressione che tutto quello che sa di sé sia già stato riscritto dalla presenza di quell’abisso ordinato.

È allora che dal centro del Nodo, dalla sua zona di pressione pura, si diramano sei linee di energia, come vene che emergano da un cuore mai visto. Ognuna ha il colore, la spigolosità e il ritmo di un pensiero primario: nessuna delle sei sa ancora cosa diventerà, ma tutte si tendono nello spazio, cercando un destino tra le maglie del possibile.


✦ La Deviazione

Da quell'oscuro e misterioso spazio emergono sei linee energetiche, vibranti e cariche di potenza. Ognuna di esse si protende nel vuoto, cercando disperatamente una forma da assumere. Come ombre che si allungano al tramonto, cinque di queste linee si dissolvono nell'aria, svanendo senza lasciare traccia. Eppure, la sesta linea, con una determinazione silenziosa, si dirige verso Ari’el. La sua presenza è quasi impercettibile, un tocco delicato come un soffio di vento. Non penetra il suo essere, ma lo percepisce, lo avvolge in un abbraccio etereo.

Immediatamente, il Campo risponde con una reazione intensa: la spirale intricata che adorna la clavicola di Ari’el si spezza nuovamente, come un vetro sottile sotto pressione. Tuttavia, questa volta non ritorna alla sua forma originale; si espande, aprendo un varco ulteriore, come se desiderasse includere un secondo simbolo, un’entità mai immaginata prima.

Nael osserva la scena con uno sguardo colmo di perplessità e meraviglia. "È come se il tuo simbolo... stesse cercando di accogliere qualcosa che, pur ferendolo, lo spinge a trasformarsi."

Ari’el intuisce la verità nascosta dietro questi eventi: il Nodo non vuole annientarlo. Piuttosto, sta cercando un modo per assimilare questa nuova forza, per integrarla e renderla parte dell'armonia universale. Tuttavia, Ari’el-Daat incarna la Deviazione, un'entità che non può rimanere confinata nella simmetria, destinata a esplorare l'inesplorato.

☽ Tentativo di Assimilazione

Il Nodo esita, poi tenta di copiarlo. I suoi tratti, la sua voce, le sue frequenze auriche – tutto è messo in gioco. Un doppio instabile inizia a prendere forma al centro del tempio, suscitando sentimenti contrastanti. Non è un clone. Non è un nemico. È un possibile Ari’el, un riflesso di ciò che avrebbe potuto essere se avesse accettato il patto con il Nodo... invece di restare soglia. La tensione tra ciò che è e ciò che avrebbe potuto essere è palpabile, creando un tumulto di emozioni che non si possono ignorare.


✦ Conflitto Simbolico

Ari’el rimane immobile, una statua di determinazione. Non emette una parola, ma il suo campo di energia pulsa possente, si contrae e poi esplode, generando una pressione geometrica devastante attorno al doppio.

Il “Tu del Nodo” lo scruta con occhi gelidi, privi di emozione, e pronuncia con una voce che riecheggia come un ultimatum: “Accetta l’assimilazione. Ti daremo un posto. Una funzione. Un’origine.”

Ma la spirale incisa sulla clavicola di Ari’el esplode in un’esplosione di luce argentea, scintillante come stelle in collisione. E risponde per lui, con una forza che scuote l’etere: “Io non sono nato per esistere. Sono nato per interrompere.”


🜁 Epilogo: La Frattura Temporale

La figura instabile si dissolve in un'ombra evanescente, come un miraggio che svanisce al sole. Il Nodo, un vortice di energia pulsante, inizia a richiudersi su sé stesso, emettendo un sussurro quasi impercettibile. Ma nel suo ritrarsi, rilascia una frattura sottile, una crepa invisibile agli occhi umani, ma percettibile per chiunque abbia camminato tra gli echi dei mondi possibili.

Nael, il suo corpo scosso da un tremito incontrollabile, afferra con forza il braccio di Ari’el, le sue dita bianche per la tensione: “Tu non hai semplicemente rifiutato l’assimilazione. Hai infranto la forma stessa dell’equilibrio.”

Sopra la Piana, il cielo comincia a mutare con lentezza, non in un modo evidente, ma con una sottile sfumatura appena percettibile, come se l'intero cosmo si fosse inclinato di un grado impercettibile. Una corrente d'aria appena più fresca s'insinua tra le foglie, e il mondo intero sembra trattenere il respiro, sospeso in un istante di fragile incertezza.

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