Capitolo 7 - L’ARCHIVIO DEI SOGNI NON AVVERATI

Capitolo 7 - L’ARCHIVIO DEI SOGNI NON AVVERATI

L’ARCHIVIO DEI SOGNI NON AVVERATI

Nel recesso più remoto della memoria, dove la cronaca degli eventi scorre senza scalfire la sostanza del possibile, Ari’el trovò che ciò che non era stato vissuto non era affatto scomparso, né si era consumato nel nulla. Ogni istante mancato, ogni frammento di futuro abortito, ogni deviazione non presa sulla mappa del destino aveva trovato rifugio altrove—era stato raccolto e sedimentato con perversa cura in una dimensione che sfuggiva persino alla percezione degli dèi. Per questo il pantheon degli Oniri, col tempo, aveva smesso di posare lo sguardo sulla Piana: troppa vertigine, troppa vergogna, troppa crudeltà. Là, tutto ciò che non era accaduto, tutto ciò che era stato negato o temuto o solo pensato in un lampo, si riversava come lava che non brucia ma pietrifica.

Avanzando nella Piana, Ari’el e Nael sentivano la pressione di ciò che avrebbe potuto essere premere contro le ossa, distorcere i colori dell’orizzonte, sussurrare sotto i piedi in una lingua quasi umana. Al principio la Piana si presentava solo come una distesa piatta, surreale nella sua opacità, eppure più camminavano più il paesaggio si popolava di stranezze: monoliti fatti di memoria aggregata, alberi la cui corteccia era tessuta di rimpianti, fiumi secchi che odoravano di lacrime mai versate. Stranamente, la superficie stessa della Piana sembrava reagire ai loro movimenti: fenditure si aprivano e richiudevano dopo ogni passo, come bocche affamate di storie. Più si addentravano, più il sentiero si faceva incerto, meno le regole del reale sembravano valere.

Nael, in silenzio, avanzava con la concentrazione febbrile di chi teme di svegliarsi; Ari’el, invece, cercava di catalogare la cascata di fantasmi che si condensavano e svanivano ai margini della visione. Si imbatterono in una colonna di libri fatti di pagine bianche: toccandoli, Ari’el sentì una pugnalata di tutti i versi non scritti, tutte le confessioni lasciate a metà. In un altro punto lo attese uno stormo di uccelli che si dissolsero in nuvole di minerali gassosi, lasciando dietro di sé il groppo non espresso di partenze mai compiute. Tutto qui era eco, ma un’eco che non restituiva la voce originale: la deformava, la faceva risuonare in infinite varianti, come se il mondo si divertisse a sperimentare ogni alternativa possibile.

C’erano istanti in cui Ari’el e Nael percepivano le ombre di sé stessi, biforcazioni della propria esistenza che li attraversavano di lato: Ari’el bambino che aveva detto o fatto il contrario, Nael adulto che aveva scelto una strada del tutto diversa. Qualcosa li seguiva, sempre, ma era impossibile capire se si trattasse di una presenza esterna o dell’infinità di versioni alternative che la Piana metteva in scena. In ogni direzione, la luce cambiava improvvisamente, come per assecondare lo stato d'animo di chi la osservasse: in certi momenti la Piana si riempiva di colori acidi e vibranti, in altri cadeva in una penombra lattiginosa che ingannava i sensi.

Il suolo, sotto i loro passi, si fece via via più trasparente. Ari’el ebbe la sensazione di camminare su una stratificazione di vetro dietro cui pulsavano interi oceani di immagini: si vedeva sé stesso vivere vite che aveva solo immaginato, perdeva di vista il confine tra il proprio desiderio e la realtà. Nael, che procedeva davanti, lanciava di tanto in tanto uno sguardo indietro, come se temesse che la Piana potesse risucchiarli in un qualche abisso. E forse, in un certo senso, era proprio ciò che la Piana desiderava: farsi attraversare, ma anche divorare chiunque non avesse il coraggio di sostenere il peso delle infinite possibilità negate.

Poi, senza preavviso, il sentiero terminò, o meglio: si curvò spiraleggiando verso l’alto, in una vertigine che sfidava la fisica e la logica. Di fronte a loro si aprì un varco che non era un buco nel terreno né una porta nel cielo. Era piuttosto un punto di rottura nello spazio-tempo: un luogo dove tutto ciò che non era mai avvenuto si condensava, per un attimo, in pura visibilità. La Piana stessa sembrava trattenere il respiro. Nell’aria, una vibrazione sottile preannunciava lo sfondamento di una soglia.

🜁 Il Varco della Deviazione

Giunsero di fronte a uno specchio d’acqua sospeso a mezz’aria, una vista straordinaria avvolta da rocce che sembravano fluttuare senza peso, come se la gravità avesse dimenticato la sua presa su di loro. L'acqua scintillava alla luce, riflettendo l'ambiente circostante con un'inquietante bellezza. Nael sussurrò con reverenza e meraviglia: “Ho letto di questo posto nei frammenti sapienziali... ma pensavo fosse un mito. Dicono che qui venga custodito ciò che non abbiamo vissuto… ma avremmo potuto.”

Il campo energetico di Ari’el vibrò leggermente, come se rispondesse a un richiamo antico e misterioso. Lo specchio d’acqua, che fino a quel momento era sembrato impenetrabile, cominciò a incresparsi, aprendo un portale segreto verso l'ignoto. Senza esitazione, li avvolse delicatamente e li inghiottì, trasportandoli in un regno di possibilità perdute e destini mai realizzati.

✦ L’Archivio

Emerse in una struttura che sfidava la comprensione umana, un luogo impossibile da descrivere con parole comuni. Le pareti sembravano essere intessute di sogni, una trama di visioni eteree che ondeggiavano come veli di seta sospesi nell'aria. Il pavimento era un mosaico di rimpianti mai espressi, ogni passo un tuffo in profondità nella memoria di ciò che non è mai stato detto.

L’aria aveva il sapore nostalgico di un abbraccio mai avvenuto, ma tanto anelato; una fragranza dolce e malinconica che avvolgeva i sensi come una lieve carezza. Sotto i loro piedi, miliardi di fili trasparenti fluttuavano e pulsavano con vita propria. Ogni filo rappresentava un sogno non realizzato, una speranza sospesa nel tempo, ed emetteva un suono delicato, quasi impercettibile, simile al sussurro di un ricordo che non voleva disturbare la quiete del luogo.

🜂 Il Filo di Ari’el

Uno dei fili si levò come un serpente pronto ad attaccare. Si lanciò verso di lui, carico di energia pulsante. E quando Ari’el lo sfiorò, la visione lo travolse come un uragano:

Una casa che sussurrava segreti perduti nel vento.

Una ragazza con occhi ardenti di speranza.

Una promessa incisa nell'anima, urlata con lo sguardo.

Un futuro mai vissuto, ma che bruciava ancora come una stella morente in un frammento cosmico.

Una voce echeggiò attraverso il suo essere come un tuono che squarcia il cielo:

“Lei ti aspettava. Tu eri già tornato. Ma il mondo… ha tradito il patto e si è dimenticato.”

Nael si voltò verso di lui, i suoi occhi spalancati per l'intensità di ciò che Ari’el aveva sperimentato. Aveva capito che Ari’el aveva intravisto qualcosa di sacro, qualcosa di terribilmente potente. Ma non ebbe il coraggio di chiedere, il silenzio era più sicuro del sapere.

✦ Apparizione: Il Custode dell’Archivio

Dal profondo dell’Archivio, emerse una figura silenziosa e inquietante. Era un'entità fatta interamente di memorie altrui, un mosaico di ricordi perduti. Non aveva volto, non aveva voce, ma il suo sguardo invisibile trafisse Ari’el, svelando gli abissi irrisolti del suo cuore.

Davanti a lui apparvero tre sogni, concreti come lo spettro di un passato mai vissuto:

Un amore mai iniziato, una fiamma che non aveva mai osato accendere.

Una battaglia che avrebbe potuto combattere, un campo di guerra che ancora echeggiava di grida inascoltate.

Una famiglia che non aveva mai avuto, ma che già lo riconosceva nei suoi sogni, un legame invisibile che lo chiamava.

La scelta non era obbligatoria, ma il Custode sibilò con un'eco che fece tremare l'aria:

“Se ne tocchi uno… il tuo destino si piegherà, si spezzerà, e ricomincerà.”

☽ Scelta: Nessuna

Ari’el fissò i tre sogni con intensità bruciante. Li onorò, li riconobbe, ma rifiutò di fare una scelta. E allora accadde l'impensabile: i tre sogni cominciarono a fondersi, un turbinio di possibilità che si scontravano, si univano.

E da questo caos, emerse una quarta possibilità: un futuro che non esisteva, un sentiero non tracciato che ora, con forza inesorabile, lo stava cercando, sfidando tutto ciò che era stato e tutto ciò che poteva essere.

🜄 Epilogo: Segnale dall’Oltre

Nel cielo stranamente vicino dell’Archivio, sopra le loro teste, si accese una nuova costellazione. Non scintillava come le altre; si componeva nell’istante stesso in cui la si osservava, i suoi punti luminosi mutavano posizione e formavano geometrie impensabili. Eppure, anche a una distanza impossibile, Ari’el riconobbe che quelle non erano stelle. Erano occhi. Erano volti.

Per un attimo, le pareti stesse dell’archivio si dissolsero, e la Piana apparve in trasparenza, come se la nuova costellazione fosse un sipario che lasciava intravedere futuri sospesi su un precipizio. Le facce si moltiplicavano a vista d’occhio: alcune infantili, altre rugose, alcune portatrici di una dolcezza che faceva sanguinare il cuore. Ciascuna di queste apparizioni non era mai esistita nel mondo di Ari’el; non erano i morti del passato, né i viventi del presente. Erano le possibilità non nate, le infinite versioni di chi avrebbe potuto amare, ferire, essere, se solo i sentieri della realtà fossero stati meno angusti. Erano la folla silenziosa di chi non era mai stato.

Nel silenzio colossale, una di quelle facce si distaccò dalla costellazione. Si animò di una luce gentile, e i suoi tratti si definirono come in un ritratto tracciato dalla nostalgia. Era una ragazza, il cui sguardo aveva la tenerezza feroce degli amori mai dichiarati e insieme la saggezza degli addii mai pronunciati. Scrutò Ari’el da una distanza che non era misurabile in chilometri né in anni-luce, ma solo in rimpianti. La bocca della ragazza si mosse, ma non produsse suono: il suo nome prese invece a rimbombare dentro il cranio di Ari’el come una melodia d’infanzia, una parola che solo chi ti ama nel profondo può pronunciare senza corromperla.

Ari’el vacillò. Sentì il suo corpo attraversato da una specie di scossa, come se quella voce lo avesse evocato da un altro tempo e lo avesse ricomposto qui, davanti al firmamento degli irrealizzati. Avrebbe voluto rispondere, urlare il proprio nome in risposta, ma capì che in quel luogo il dire equivaleva a tradire. L’unica cosa da fare era ascoltare; accettare che qualcun altro, in qualche universo parallelo, stava vivendo la versione migliore o peggiore di te stesso, e ti stava chiamando.

Intorno ad Ari’el la spirale dell’Archivio si mise a vibrare, assorbendo il riverbero di quella chiamata inaudita. Non c’era vento, non c’era rumore, ma le fibre stesse della realtà presero a illuminarsi, come se la ragazza della costellazione avesse appena reiterato una promessa dimenticata. Ogni filo di sogno, ogni eco di passato e futuro non vissuto, rispondeva a quel richiamo, trattenendo per un attimo la propria tensione, come se tremasse sull’orlo di una risposta definitiva.

Nael, che aveva osservato la scena con timore e meraviglia, si avvicinò silenziosamente. Sul volto aveva l’espressione di chi ha visto il mare aprirsi, e ha compreso che il vero miracolo non è attraversare l’abisso, ma sapere che qualcuno ti sta guardando dall’altra riva.

La spirale dell’Archivio si illuminò ancora di più, e nell’aria rarefatta si avvertì la promessa di una nuova possibilità.

FREE CLONEABLES

FREE CLONEABLES

FREE CLONEABLES

FREE CLONEABLES

FREE CLONEABLES

FREE CLONEABLES

FREE CLONEABLES

FREE CLONEABLES

FREE CLONEABLES

FREE CLONEABLES

FREE CLONEABLES

FREE CLONEABLES

FREE CLONEABLES

FREE CLONEABLES

FREE CLONEABLES