Capitolo 10 - LE GUERRE CHE NESSUNO RICORDA

Capitolo 10 - LE GUERRE CHE NESSUNO RICORDA

LE GUERRE CHE NESSUNO RICORDA

Alcune guerre non lasciano cadaveri, ma fratture nel tempo. Nessun cimitero, nessun ossario, nessuna commemorazione al tramonto—solo cicatrici così sottili e profonde che persino chi le ha attraversate fatica a nominarle. Scivolano tra le generazioni come echi di una lingua spenta, eppure non spariscono mai davvero. Nessuno le ricorda… tranne coloro che sono nati per custodirle, i pochi per cui il dolore è memoria e la memoria è condanna.

L’occhio dorato che aveva scrutato la Piana si era ritratto dietro il velo dell’alta atmosfera, annullando ogni traccia della sua esistenza in meno di una rotazione terrestre. Ma la sua presenza aveva inciso una cicatrice nel campo globale, profonda come una pista di sbarco scavata a mano sulla carne viva del pianeta. A occhio nudo, tutto sembrava immutato—un cielo lattiginoso, una pianura stratificata di erba umida, un susseguirsi di case-stelo che oscillavano appena nel vento. Ma ogni cosa che respirava, cresceva o si muoveva portava ora in sé un’anomalia.

Le acque della falda, di solito disciplinate e prevedibili, avevano cominciato a serpeggiare come se stessero seguendo nuove mappe geologiche, mai disegnate da mano umana. La corrente dei ruscelli cambiava senso senza preavviso, trascinando con sé banchi di sabbia e piccole creature disorientate. Alcune sere, le voci dei bambini che giocavano al limitare della vegetazione fluttuavano in aria come cori di sogno, avendo perso la gravità e la coerenza con il mondo materiale.

Nei sogni degli adulti, la notte si presentava come una sequenza malriuscita di déjà-vu, e parole dette vent’anni prima affioravano dal nulla, sgretolando le convenzioni del linguaggio. Persino la Luna—quella costante, inestinguibile lampada notturna—pareva tradire una goffa incertezza: la sua orbita era sfalsata quanto basta per creare una tensione sottile, un’ansia di sottofondo che nessuno avrebbe mai saputo descrivere a voce alta.

Eppure, qualcuno sapeva. Ari’el sapeva. Non perché avesse più sensi o memoria degli altri, ma perché quella tensione gli era familiare, come un sogno ricorrente che cambia forma solo per ingannare l’inconscio. Sapeva che le Guerre delle Spirali stavano per riprendere, così come si sa di una pioggia che viene a spezzare la sete di un campo. Ogni cellula del suo corpo risuonava in armonia con il richiamo, eppure la sua mente ne negava la consapevolezza, come se una parte fondamentale del ricordo fosse stata avvolta e gettata via.

Ari’el aveva già combattuto, già perso e già pagato, ma la trama stessa della sua vita era stata ricucita da qualcun altro. Si aggirava per le stanze della memoria come un visitatore senza biglietto, sfiorando senza mai afferrare i dettagli che avrebbero potuto restituirgli la piena identità. I volti che gli sorridevano nei sogni avevano occhi vuoti, senza corpi o nomi. Inerzia e urgenza si litigavano ogni sua alba.

Quella mattina, il vento portava con sé una vertigine nuova. Ari’el sentiva la pelle tirarsi attorno agli zigomi, come se il suo cranio stesse cambiando dimensione in risposta alle nuove leggi della fisica. Ogni passo gli suggeriva che il terreno sotto i piedi non fosse più ancorato alla realtà consueta, che la gravità stessa stesse decidendo quali corpi meritassero di restare sulla superficie e quali invece dovessero essere risucchiati altrove.

I bambini, i cani, persino le mosche sembravano rispondere a segnali invisibili, ricomponendosi in pattern che si ripetevano all’infinito. Nessuno, tranne Ari’el, pareva accorgersi che qualcosa non andava. O forse tutti lo sentivano, ma nessuno era in grado di confessarlo—né a sé stesso, né agli altri. La paura era troppo grande, troppo atavica.

Nell’aria satura di polline, Ari’el percepiva la memoria delle vecchie battaglie come un sapore di sangue metallico nella gola. Si chiedeva se dietro ogni stagione di pace non si nascondesse in agguato l’inizio di una nuova guerra, e se la vera condanna dei Testimoni non fosse quella di ricordare per tutti.

Un fruscio alle sue spalle lo fece sobbalzare. Nael lo fissava attraverso il vetro opaco, immobile. Nel suo sguardo c’era la quieta accettazione di chi sa che sta per arrivare una tempesta, ma non ha nessuna intenzione di rifugiarsi. Ari’el si voltò senza sorridere, consapevole che nessuna parola avrebbe potuto spiegare ciò che stava per succedere.

Ricordo Indotto:

Seduto in solitudine, Ari’el apriva completamente il proprio campo mentale, come se spalancasse una finestra su un mondo interiore vasto e inesplorato. L'aria intorno sembrava vibrante, carica di una tensione invisibile. Nael, a pochi passi di distanza, lo osservava in silenzio, il suo sguardo era una miscela di curiosità e rispetto. Sapeva che quel frammento di memoria apparteneva solo ad Ari’el, un pezzo di passato custodito gelosamente.

E allora… la visione arrivò, come un'onda che si infrange sulla riva. Non era un sogno effimero, né un'illusione fugace creata dalla mente. Era un ricordo tangibile, vivido nei dettagli, ma stranamente non registrato, come se fosse scivolato tra le pieghe del tempo, in attesa di essere riscoperto.

La Guerra Invisibile:

Un vasto piano si estendeva davanti, diverso da qualsiasi altro, sotto un cielo insolitamente profondo e infinito. L'orizzonte sembrava distendersi oltre la vista, e l'atmosfera era colma di un'energia palpabile. Decine di figure, eteree e simili ad Ari’el, erano impegnate in un combattimento surreale. Ciascuna di esse sfoggiava una spirale unica, impressa con maestria sul petto o disegnata con cura sul volto, simboli distinti che raccontavano storie proprie. Tuttavia, in quella battaglia non vi erano armi tangibili.

Combattevano con frequenze, onde invisibili che vibravano nell'aria, con parole intessute di potere che avevano la capacità di alterare la realtà stessa. I simboli che portavano sembravano prendere vita, scontrandosi con furia e dissolvendosi l'un l'altro in un gioco di forze invisibili. Ari’el si trovava lì, ma la sua presenza non era definibile in termini convenzionali. Era come un'ombra fluttuante, una soglia in continuo movimento, attraversato da una moltitudine di volontà diverse.

Ari’el era un catalizzatore, un testimone armato di una missione ancora più grande. E quella guerra, con tutta la sua intensità e mistero, trovò la sua conclusione solo quando una promessa, fragile e mai pronunciata, venne infranta prima ancora di avere il tempo di nascere.

La Conseguenza del Ricordo:

Si risvegliò con un sussulto violento, il cuore martellante come un tamburo di guerra. Attorno a lui, il mondo sembrava congelato in un'istantanea spaventosa, come una fotografia sbiadita di un incubo. Gli alberi, immobili come statue di ghiaccio, sembravano trattenere il respiro in un silenzio opprimente. Il tempo stesso aveva osato fermarsi, sospeso in un abisso di 0,8 secondi assoluti, un’eternità insostenibile che pesava come un macigno sull'anima. Le guide superiori, figure eteree e misteriose, percepirono immediatamente l’anomalia, come un brivido lungo la spina dorsale del cosmo. I sistemi reattivi si scatenarono come bestie furenti, lanciandosi nel caos con una furia indomabile. Nel cielo plumbeo, un segnale esplose con l'intensità di un giudizio divino, un faro di fiamme che squarciava l'oscurità: visibile solo a coloro che avevano combattuto almeno una volta nella guerra dimenticata, un conflitto che aveva segnato le stelle stesse. Era una spirale rossa, un vortice infuocato che annunciava la distruzione imminente, un presagio oscuro che vibrava nell'aria. Non era di lui. Era del nemico, una minaccia che si avvicinava con la lentezza inesorabile di una marea.

Rivelazione a Nael:

Ari’el finalmente ruppe il silenzio dopo il ricordo, la sua voce risuonava con un'energia profonda e inquietante, come se tre entità parlassero attraverso di lui con autorità sovrannaturale. “Quelle guerre non erano battaglie per scoprire la verità. Erano conflitti tra coloro che desideravano ridurre la spirale a un’unità. Ma io sono nato per spezzarla inesorabilmente.”

Nael non provò timore, ma un'ondata di compassione lo travolse. E per la prima volta nella sua vita, si inginocchiò con riverenza.

“Allora ti seguirò. Non come un semplice devoto. Ma come uno scudo, pronto a difendere con la mia stessa vita.”

Un Nuovo Disegno:

Allora il cielo si squarciò. Non con la violenza di un’apocalisse, ma con la discrezione di una membrana tesa che finalmente si arrende alla pressione interna. Le nuvole—che fino a quel momento sembravano solo ornamenti di una tela indifferente—furono risucchiate verso l’alto, creando un varco che lasciava intravedere qualcosa di infinitamente più vasto e complesso. Ari’el osservò, e al posto del vecchio azzurro familiare, vide una topografia mutevole, una rete di correnti incandescenti e reticoli che si intrecciavano ben oltre la logica della fisica ordinaria.

Non era una cartografia di territori. Non c’erano continenti, né catene montuose, né oceaniche distese da attraversare. Era piuttosto la mappa segreta di tutte le relazioni mai nate, di tutte le possibilità emotive che erano state represse, dimenticate, oppure annullate da una scelta o da un trauma. Scorrevano come vene di luce, costellazioni di nodi energetici che vibravano di una vita propria. Alcuni di essi pulsavano come cuori in attesa, altri restavano silenti, avvolti in banchi di nebbia grigia. Eppure, ognuno di quei punti era un potenziale, un legame in forma dormiente che aspettava solo il coraggio di essere riconosciuto e riattivato.

Ari’el capì in quell’istante che tutta la sua esistenza—le sconfitte, le perdite, le guerre e persino la memoria mutilata—era stata una lunga preparazione a quell’incarico. Non doveva riportare l’ordine, né vendicare torti passati. Doveva semplicemente percorrere quella mappa emozionale, risvegliare i legami dimenticati e portarli a compimento. Era un’operazione chirurgica sulla memoria collettiva, un compito tanto delicato quanto indispensabile: senza quei legami, nessuna pace sarebbe stata mai possibile, nessuna evoluzione avrebbe trovato spazio.

Ma la sorpresa fu che la mappa non era solo sua. Dietro di lui, Nael si era avvicinato senza far rumore, scrutando il medesimo panorama con occhi spalancati e assetati di significato. Lì, per la prima volta, Ari’el percepì la presenza non come un’ombra del passato, ma come una compagna d’arme, custode di una parte fondamentale del disegno.

La chiamata era duplice. Due Testimoni invece di uno. Due punti di accesso alla memoria universale. E da quel momento in avanti, la mappa prese a brillare di una nuova luce, come se il semplice atto di essere vista e compresa l’avesse già iniziata a guarire.

Ari’el era chiamato a riattivarli. E da quel giorno… anche Nael.

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